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Descrizione

Il nome viene fatto risalire al gentilizio romano “Plotius”.

A tale “Plotius” ed alla sua gente era stato-probabilmente- assegnato il sito su cui sorse il primo insediamento.

Attestato in documenti medioevali quale “Plaucium” e”Plocius” diventerà successivamente, negli Statuti, “Plotij” - “Plocij”, per passare nella lingua locale a “Pioss” .

E’ pure probabile che il toponimo derivi dal greco “Plos” – passaggio sul fiume- riferito al sottostante porto sul fiume Tanaro .

I numerosi reperti archeologici che vengono alla luce occasionalmente nella zona del Castelletto, in località San Michele, Verne e San Bobbo, testimoniano la presenza umana sin dal tardo periodo del ferro (IX° Sec A.C.)

Il territorio fu colonizzato dai Liguri-Bagienni che costruivano i loro “castellieri” in località elevate, facilmente difendibili e adatti alla sorveglianza: il toponimo Castelletto -Castlat o Castlè in lingua locale - ne conserva, oltre i resti, anche le caratteristiche morfologiche del terreno.

Piccoli di statura, dediti alla pastorizia e all’ agricoltura, frugali e tolleranti alle fatiche, avevano il loro centro nella vicina Bennae che ai tempi di Augusto diverrà l’ importante Augusta Bagiennorum. (Roncaglia di Bene Vagienna)

Liguri “capillati” li chiamavano i Romani perché portavano lunghi capelli neri sciolti sulle spalle e, alla maniera dei vicini Celti -con i quali si fusero, tra il III° ed il I° Sec. A.C.- indossavano “brachas” e mantelli di pecora. Di questo nuovo popolo Celto-Ligure restano numerosi influssi nel nostro linguaggio ed in vari toponimi.

Fieri e amanti della loro indipendenza, contrastarono per lunghi anni il predominio romano favoriti anche dalle asperità del terreno e dai fitti boschi, quale era la selva del Beinale: dopo la conquista romana, avvenuta tra il 173 ed il 123 a.C, i Bagienni furono ascritti alla tribù Camilia (IX Regio Liguria).

Il paese entra ufficialmente nella storia nel 1041, anno in cui l’imperatore Arrigo III°, con un diploma, confermò al Vescovo di Asti la corte di Piozzo:

“ Cortem Plaucium et Carrugo cum castris et cappellis et silvis et omnibus pertinentiis suis”.

Il quale a sua volta lo concedette ai “Piozzo”, suoi vassalli.

Durante il medioevo, gli abitanti dalla zona del Castelletto e dalle località del fondovalle, si raggrupparono nella Villa, luogo naturalmente più protetto per difendersi dalle escursioni barbare e saracene.

Nel gennaio del 1425 gli uomini di Piozzo e l’ allora il feudatario Giovanni Galeazzo dei Marchesi di Saluzzo firmarono gli Statuti che con le loro norme dettavano linee certe per il vivere civile, mentre prima i doveri ed i diritti della comunità erano lasciati al libero arbitrio del Signore.

Ma sono norme che disegnano anche la fisionomia- tutta medioevale- di un paese, con le case in pietra e fango e i tetti di paglia, racchiuso entro una cerchia di mura, munito di un castello e di un fortilizio, con tanto di palizzata e fossato. Un paese dedito all’ agricoltura, che tiene fede alla parola data, suggella i suoi contratti con una bevuta di vino e che teme la bestemmia.

I Saluzzo di Cardè detennero la signoria sul paese fino al 1493, anno in cui lo cedettero a Bernardino Govone, scudiere del principe Filippo di Savoia; poi ritornò ai Saluzzo di Cardè per passare nel 1638 al loro vassallo Goffredo Amedeo Vacca.

Nel 1686 i Vacca ottennero il titolo di conti, fino al 1749, quando l’ ultima discendente

– Tecla- sposò il monregalese Prospero Antonio Faussone di Germagnano i cui discendenti restarono signori di Piozzo fino al XIX Sec.

Durante l’ ultimo conflitto mondiale il paese fu incendiato, per rappresaglia, dalle truppe tedesche: bruciarono oltre le case del concentrico, anche parte del castello ed il municipio con l’ archivio comunale, gettando nel buio – della fuliggine e dei secoli- ricche e intense pagine di storia.



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